Chiarimenti sulle modalità operative per l’attuazione delle disposizioni sulle lettere d’intento, aggiornamento del Modello e nuove modalità di consultazione per i fornitori a partire dal 2 marzo.
Con la pubblicazione del tanto atteso Provvedimento n. 96911/2020 dell’Agenzia delle Entrate, si è concluso il percorso di cambiamento della disciplina delle lettere d’intento. Solo il giorno prima, in commissione Finanze alla Camera, il Mef aveva risposto al question time presentato da due deputati che chiedevano di fare chiarezza sul funzionamento delle nuove regole procedurali sulle dichiarazioni d’intento.
Come funziona il meccanismo delle lettere d’intento?
Prima di vedere in dettaglio le modifiche alla disciplina in esame, è utile fare un breve riepilogo del funzionamento del meccanismo. In particolare, all’interno del Decreto IVA, l’art. 8 comma 1, lettera c), consente ai c.d. “esportatori abituali”, ovvero coloro che nell’anno solare precedente hanno registrato cessioni all’esportazione, cessioni intracomunitarie o altre operazioni assimilate per un ammontare superiore al 10 per cento del volume d’affari, di poter acquistare e importare beni e servizi senza il pagamento dell’imposta. Grazie a tale meccanismo, i soggetti passivi interessati riducono il fisiologico credito IVA che si produce inevitabilmente per coloro che effettuano gran parte delle operazioni con l’estero. A tal fine, fino all’anno 2019, l’esportatore che intendeva avvalersi della possibilità di non pagare l’imposta sugli acquisti o le importazioni, doveva trasmettere per via telematica all’Agenzia delle Entrate la “lettera d’intento” con l’obbligo poi di consegnarla al fornitore (o alla dogana) insieme alla ricevuta di trasmissione telematica. Gli estremi delle lettere d’intento dovevano poi essere annotati in appositi registri tenuti dall’esportatore abituale e dal suo fornitore. Il modello di lettera d’intento ha subito varie modifiche nel corso degli anni, fino ad arrivare alle ultime novità apportate dall’articolo 12-septies del Decreto Legge n. 34/2019 (Decreto Crescita) che ha modificato l’art. 1 del Dl 29 dicembre 1983, n. 746, apportando anche dei cambiamenti all’interno processo di gestione.
Quali sono state le novità del Decreto Crescita?
Dal 2020, con il citato art. 12-septies, sono entrate in vigore una serie di semplificazioni e modifiche che hanno riguardato i vari soggetti coinvolti in questo meccanismo. In particolare:
- gli esportatori abituali non hanno più l’obbligo di consegnare al fornitore la dichiarazione d’intento;
- è venuto meno l’obbligo di numerazione progressiva e annotazione delle dichiarazioni d’intento emesse e ricevute in appositi registri;
- è stato abolito l’obbligo di indicare nel quadro VI del Modello IVA i dati delle dichiarazioni d’intento ricevute.
Inoltre, fino al 2019, la norma imponeva che solo gli estremi della dichiarazione d’intento fossero indicati nelle fatture emesse oltre che l’indicazione del regime di “operazione non imponibile” ai sensi dell’art. 8 comma 1, lett. c).
Dal 2020, invece, la norma impone che gli estremi del protocollo di ricezione della dichiarazione devono essere indicati nelle fatture emesse, ovvero devono essere indicati dall’importatore nella dichiarazione doganale.
Quali sono le disposizioni dettate dal Provvedimento dell’Agenzia delle Entrate?
Dopo lunga attesa, con il Provvedimento n. 96911/2020 del Direttore dell’Agenzia delle Entrate, sono state dettate le modalità operative per l’attuazione delle disposizioni previste dal Decreto Crescita nonché l’aggiornamento del Modello di dichiarazione d’intento.
Le modifiche del Modello, in particolare, hanno riguardato l’abolizione dello spazio riservato all’indicazione del numero progressivo assegnato alla dichiarazione d’intento da trasmettere e all’anno di riferimento. Inoltre, sono state aggiornate le istruzioni anche con precisazioni specifiche in caso di Gruppo IVA.
In merito invece ai nuovi servizi messi a disposizione dell’Agenzia delle Entrate, vale la pena segnalare che il Provvedimento ha chiarito che a partire dal 2 Marzo verranno messi a disposizione dei fornitori degli esportatori abituali nel proprio cassetto fiscale, oltre al numero di protocollo della lettera d’intento, anche il modello completo di lettera d’intenti avendo quindi modo di venire a conoscenza delle informazioni relative all’ammontare per cui l’esportatore richiede l’emissione di fatture senza imposta.
Riepilogando quindi, l’esportatore abituale, una volta predisposta la lettera d’intento, dovrà trasmetterla telematicamente all’Agenzia delle Entrate che, come di consueto, attribuirà un numero di protocollo inserito anche nel cassetto fiscale del fornitore dell’esportatore abituale insieme al modello stesso.
Il fornitore, dal canto suo, prima di emettere la fattura senza IVA, dovrà avere cura di entrare nel proprio cassetto fiscale, scaricare la lettera d’intento e indicare obbligatoriamente il numero di protocollo completo nella fattura.
Le sanzioni saranno più severe?
Il nuovo scenario è tuttavia caratterizzato non solo da semplificazioni, ma anche da un inasprimento del regime sanzionatorio revisionato alla luce della nuova disciplina.
Nella versione previgente all’art. 7 comma 4- bis del D.Lgs n. 471/1997, veniva previsto che era punito con la sanzione amministrativa da euro 250 a euro 2.000 il cedente o prestatore che effettuava cessioni o prestazioni, di cui all’articolo 8, comma 1, lettera c) del d.P.R. n. 633/1972, prima di aver ricevuto da parte del cessionario o committente la dichiarazione di intento e riscontrato telematicamente l’avvenuta presentazione all’Agenzia delle Entrate.
Sanzioni più severe adesso, dopo le revisioni del Decreto Crescita: l’art. 7 bis sopra citato, infatti, nella versione attuale, prevede la sanzione proporzionale dal 100% al 200% dell’imposta per il fornitore che effettua cessioni senza addebito dell’imposta ai sensi dell’art. 8 comma 1, lett. c), prima di aver verificato l’avvenuta presentazione della Dichiarazione d’intento all’Agenzia delle Entrate.
Ad ogni modo, nella risposta del Mef al question time all’inizio ricordata, è stato chiarito che allo stato attuale, per l’Agenzia delle Entrate non è possibile effettuare controlli sull’entità del plafond disponibile, né sulla sua costituzione o sull’evoluzione dello stesso.