Recessione economica in arrivo?

È allarme recessione? Siamo abituati a parlare di “recessione” per indicare un momento in cui l’economia di un paese si trova in difficoltà, ma in realtà il termine ha un significato macroeconomico più circoscritto, che può essere utilizzato correttamente solo in determinati scenari.

La recessione è l’opposto della crescita economica, cioè lo sviluppo di un paese in diversi settori con aumento della ricchezza, dei consumi, della produzione di beni e di servizi.

A definirla è stato l’economista Julius Shiskin che nel 1974, in un articolo pubblicato sul New York Times, suggerì di prendere in considerazione l’andamento del PIL in due trimestri consecutivi: se il dato è negativo, allora ci si trova in una fase di recessione.

La recessione economica è imminente?

Pare che stia arrivando una nuova recessione economica, o meglio, sia già imminente.

In fin dei conti, gli esperti di macroeconomia ritengono che ci sia sempre una nuova recessione in atto: “il punto è che nessuno sa quando arriverà”.

Ogni economia capitalistica segue un trend ciclico costituito dall’alternarsi di momenti di crescita e di momenti di calo e di stagnazione.

Sono trascorsi poco più di dieci anni dall’ultima crisi, la grande recessione globale del biennio 2008-2009, e molti economisti ritengono che manchi poco all’arrivo della prossima.

Cosa si attendono gli esperti? Molti studiosi di macroeconomia prevedono che la prossima recessione economica sarà molto probabilmente un evento traumatico e imprevedibile.

Dopo una serie di episodi verificatisi nelle ultime settimane, ad alcuni ricercatori, la nuova recessione sembra addirittura già in atto o appena iniziata.

L’indicatore più allarmante per l’economia italiana è il rallentamento della Germania, la potenza economica più grande dell’Unione Europea e una tra le economie più virtuose.

Secondo gli ultimi dati ufficiali, nel secondo trimestre del corrente anno il PIL tedesco si è contratto dello 0,1 per cento rispetto al primo trimestre.

Ciò fa prevedere che nel 2019 il PIL tedesco crescerà probabilmente dello 0,5%, contro lo 0,9% stimato precedentemente e l’1,5% dello scorso anno.

Quali sono le cause che hanno portato a questo scenario macroeconomico poco roseo? Una delle cause principali di questo rallentamento economico è il trend negativo che sta vivendo il commercio globale a causa della guerra dei dazi tra i due giganti commerciali USA e Cina.

Dopo la Cina, il Presidente statunitense Donald Trump, alla vigilia del G7 di Biarritz, è tornato a minacciare dazi sui prodotti europei importati in America, soprattutto sulle auto dei brand del Vecchio Continente.

Il rischio di una guerra commerciale fra Stati Uniti d’America e continente europeo allarma le imprese che temono gli effetti negativi sul commercio e sulla crescita globale.

In fin dei conti, il commercio “a stelle e strisce” rappresenta per l’Europa probabilmente il più importante flusso di scambi e da esso dipende una parte significativa del surplus commerciale.

Si pensi che nonostante ci siano stati alcuni tentativi per aumentare la domanda domestica, l’economia della Germania dipende dalle esportazioni.

Come riporta l’Economist, quasi la metà del PIL tedesco è legato a ciò che il paese riesce a esportare, a fronte del 30 per cento del Regno Unito e del 12 per cento del PIL statunitense.

La guerra commerciale in atto e i rischi della Brexit potrebbero impattare negativamente sugli affari delle piccole e medie industrie tedesche.

Inoltre, non dimentichiamo che hanno inciso anche le nuove regole sui test per le emissioni delle nuove automobili sul rallentamento della superpotenza economica tedesca.

I vincoli normativi hanno complicato notevolmente la produzione e la commercializzazione di nuovi veicoli, con una riduzione del fatturato del settore automobilistico, tra i più importanti per l’economia della Germania.

Le previsioni economiche tedesche non sono per niente positive e l’instabilità della Germania ha un impatto determinante anche su tutti i paesi del Vecchio Continente, Italia in primis.

Il Belpaese, infatti, ha già avuto una breve e leggera recessione tra la fine del 2018 e l’inizio del 2019: il comunicato stampa dell’ISTAT riporta quanto segue: “Nel quarto trimestre del 2018 si stima che il prodotto interno lordo (PIL), […] sia diminuito dello 0,2% rispetto al trimestre precedente e sia aumentato dello 0,1% in termini tendenziali”.


Tasso di crescita PIL italiano dal 2007 al 2017 (Fonte Dati: Banca Mondiale)

Diamo per scontata una nuova contrazione del PIL italiano, […] il dato positivo è che non dipende da noi: la Cina, la Germania, che è il nostro primo paese per l’export. Dobbiamo guardare con entusiasmo alla crescita economica e siamo fiduciosi che nel corso del 2019 raggiungeremo gli obiettivi che ci siamo prefissi”, ha sottolineato Conte.

Sulla contrazione del PIL italiano pesano le incertezze internazionali particolarmente per i timori per l’economia globale derivanti dalle potenziali conseguenze di una guerra commerciale tra Cina e Stati Uniti.

Sul caso italiano incidono anche alcuni fattori tipici legati alla crisi di Governo ed alle decisioni che potrebbero avere sui conti pubblici delle casse italiane e sul sistema bancario.

Come sarà la prossima recessione?

A spiegarlo è lo stesso Economist: “a dieci anni dalla crisi del 2008, la prossima fase del ciclo economico è imminente e non manca molto prima che il mondo debba fronteggiare una nuova recessione globale”.

È quanto riporta l’Economist: “[…] è improbabile che la prossima recessione sia devastante come quella del 2008-2009 (la più grave dagli anni Trenta), ma non per questo bisogna restare sereni”.

Purtroppo, il Vecchio Continente, gli USA e il Giappone sono impreparati a fronteggiare una crisi economica, anche di piccole dimensioni.

Se nel biennio 2008-2009 la crisi scoppiò nelle banche di Wall Street, secondo il settimanale, la prossima crisi nascerà con ogni probabilità sui mercati emergenti.

La domanda che si pone l’Economist è: cosa faranno le banche centrali se dovesse scoppiare una nuova recessione? I tassi sono già al minimo e non possono essere ridotti ulteriormente.

A prescindere dalla soluzione adottata per stimolare l’economia, il problema è il suo costo politico e l’Unione Europea è ancora una volta la zona più vulnerabile, a causa delle resistenze crescenti a fare nuove spese.

Soluzioni alla crisi economica: come superare le avversità?

Il momento preciso di manifestazione della prossima crisi economica è sconosciuto, ma molti degli effetti sono già conosciuti: aumento dei crediti commerciali di difficile esigibilità, diminuzione degli ordinativi e redditività dei business in diminuzione.

La cessione dei crediti è una delle possibili difese cui sempre più imprese fanno ricorso rivolgendosi a società specializzate preposte all’acquisto ed alla riscossione di crediti. Il valore di un bilancio leggero aiuta a ridurre il rischio di rifinanziamento e, una volta trovato un acquirente per i propri crediti, i vantaggi a breve termine sono l’immediata liquidità ottenuta dalla vendita del credito e la diminuzione dei costi di recupero e gestione degli stessi.

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